La visione che crea condivisione
Azioni concrete per lo sviluppo sostenibile
“Usa sempre quel dono che nessuno ti può togliere, il dono della voce, per cambiare la società.”
Le parole di Florence Ozor, già leader di #BringBackOurGirls, il movimento nato per chiedere la liberazione delle ragazze rapite dai terroristi di Boko Haram, in Nigeria, riecheggiano nelle orecchie dei tanti soci e simpatizzanti di Attua che hanno partecipato al primo evento annuale della Fondazione il 1° dicembre 2018, a Roma.
L’evento è stato il primo momento pubblico di presentazione della Fondazione, che ha voluto mettere in mostra i propri programmi per i prossimi anni, riassunti nel piano quadriennale 2019-2022 che identifica in quattro dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite – salute e benessere, istruzione di qualità, città e comunità sostenibili, utilizzo responsabile delle risorse – i temi di lavoro principali.
Ospiti della Fondazione Florence Ozor, che ha voluto lanciare un appello all’azione civica e alla partecipazione, Padre Enzo Fortunato, Direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di San Francesco in Assisi, che ha parlato della condivisione e della compartecipazione, e Andrea Pignatti, che ha presentato Water Explorer, il primo progetto che la Fondazione Attua sosterrà nel 2019. Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione Europea e Enrico Giovannini, presidente dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), hanno voluto inviare un loro messaggio video di auguri per la Fondazione.
Il discorso integrale di Florence Ozor durante l’evento annuale della Fondazione Attua.*
Nei dibattiti a livello globale viene trattata in modo sempre più frequente la questione chiave dello sviluppo sostenibile e della sua diffusione tramite iniziative socio-economiche, creazione di opportunità, aumento della partecipazione, tolleranza delle culture, incremento della forza lavoro, parità di genere e inclusione. Questo ha una fondamentale importanza considerando il mondo sempre più globalizzato nel quale viviamo, caratterizzato da un rapido sviluppo tecnologico, competizione economica, integrazione regionale dei mercati, emergenza di potenze commerciali così come di reti commerciali senza confini.
Una diretta conseguenza è il fatto che si siano create grandi aspettative riguardo a misure da mettere in atto che permettano il raggiungimento di una sostenibilità capace di migliorare le aree ed i metodi di cooperazione fra stati negli ambiti di educazione, tecnologia e competenze. Il così detto buon governo è riconoscibile quando le economie dei paesi in questione performano brillantemente. Sono più che certa che questo sia ciò che l’Unione europea e la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale stanno cercando di ottenere. La globalizzazione rende quindi imperativo il rispetto di determinati standard riconosciuti ovunque in questo “villaggio globale”.
Al giorno d’oggi il mondo è precisamente un villaggio globale, come se si fosse rimpicciolito rispetto a qualche decennio fa. Considerando che la natura estroversa degli umani non ha lasciato spazio agli individualismi, ogni parte del globo ha una tendenza naturale a cercare di co-esistere con gli altri. Per questo motivo il mondo intero dovrebbe essere considerato un tutt’uno e nessuna parte un sottoinsieme separato. I piani di sostenibilità che stiamo sviluppando devono quindi essere adattati ad una scala globale. Pertanto anche la politica, le azioni socio-economiche e le culture dovrebbero riflettere interconnettibilità per sfruttare al massimo ciò che il mondo ha da offrirci. Siamo incompleti gli uni senza gli altri. La storia ha ripetutamente dimostrato come gli ego e le divisioni vadano contro il bene comune e, soprattutto, come i muri non sono costruiti per durare a lungo.
Altrettanto importanti sono il ruolo e le responsabilità dei vari portatori di interesse, che sono diversi da quelli dei governi. Quest’ultimi devono limitarsi ad un compito di regolazione, facilitazione e incoraggiamento delle attività del settore privato tramite la liberalizzazione, commercializzazione, deregolamentazione così come la promozione e protezione degli interessi pubblici tramite il buon governo e una guida trasparente. I cardini che permettono di raggiungere questi risultati sono un governo efficiente, un ordinamento giuridico funzionante ed un mercato funzionale.
Il modo nel quale la comunità internazionale sta promuovendo la democrazia, lo stato di diritto e la protezione dei diritti umani richiede una conoscenza delle sfide socio-economiche che i governi e i loro cittadini stanno affrontando. Nei paesi in via di sviluppo, le persone meno abbienti fronteggiano diversi gradi di povertà tra i quali barriere che impediscono il rispetto dei loro diritti e le loro possibilità di essere rappresentati politicamente. Questi sono quindi esclusi e discriminati dal sistema e, di conseguenza, marginalizzati e radicati alla povertà. Io credo fortemente che la povertà non sia semplicemente il risultato di una mancanza di risorse. Molte persone non hanno la possibilità di accedere completamente alla vasta gamma di risorse esistenti a causa delle proprie origini, della propria fede o del luogo dal quale provengono.
Nonostante ciò, le persone stanno massimizzando i vantaggi che la globalizzazione ha da offrire per migliorare la protezione dei diritti umani. Si tratta di un fenomeno dinamico. L’ingiustizia non ha più un posto dove nascondersi. Con il progresso e la modernizzazione dei social media, l’attivismo può giocare un ruolo molto importante. I governi, le corporazioni e gli individui vengono continuamente forzati a correggere le loro azioni poiché i cittadini hanno capito come far sentire la loro voce.
Non sono ingenua. Sono ben a conoscenza del fatto che più si è attivi contro le ingiustizie, più ci si trovi in pericolo. L’ingiustificabile morte di Jamal Khashoggi ha senza ombra di dubbio dimostrato come la voce sia una grande minaccia contro il potere. La sua morte non deve risultare vana. Se non per altro, deve almeno servire come motivazione ai giornalisti di tutto il mondo e a noi stessi per parlare e diffondere il vero.
Noi attivisti ci sentiamo spesso minacciati per ciò che facciamo e gli ideali che difendiamo. Posso farvi l’esempio del periodo che ho passato a guida del movimento #BringBackOurGirls durante il quale ordinari cittadini hanno criticato ed influenzato le decisioni del governo inerenti al salvataggio di bambine e ragazze la cui sola colpa fu quella di voler ricevere l’educazione necessaria per poter diventare cittadine coscienti di cosa sia lo sviluppo sostenibile in Nigeria. Il 14 Aprile 2014 queste vennero rapite dai terroristi di Boko Haram. La situazione fu più complicata oltre ogni tipo di immaginazione, noi attivisti ricevemmo intimidazioni e minacce da due diverse amministrazioni del governo. Nonostante tutto, rimanemmo uniti e decisi sull’obiettivo finale. Una sola verità ci dava la forza di agire: la nostra più grande arma era la potenza delle nostre voci. “Il silenzio è troppo costoso” disse Martin Luther King, il cui motto era anche “l’ingiustizia in qualunque parte del mondo è una minaccia alla giustizia di tutto il mondo”.
Per queste ragioni, lo sviluppo sostenibile deve essere olistico permettendo a tutti di perseguirlo a partire dai governi, passando per le imprese ed i sistemi giuridici, fino ai singoli cittadini. Le sfide che abbiamo innanzi non sono teoretiche, serve pragmatismo, i nostri bisogni sono reali e così devono essere soluzioni che ci poniamo di trovare. Il rispetto dei diritti civili e politici è interdipendente al raggiungimento di standard culturali e socioeconomici. È necessario per garantire che tutte le persone possano vivere in libertà, dignità e possano ricercare la loro felicità.
Io so che è tutto possibile.
Mi entusiasma sapere che dietro tutti questi sforzi esiste una Fondazione come Attua, è l’ideale e ciò di cui abbiamo bisogno in questi momenti di profondo cambiamento.
Grazie per il vostro lavoro. Io personalmente ed il mio Movimento vi siamo vicini e vi supportiamo.
Grazie e Dio vi benedica.
Florence Ozor è attivista del movimento nigeriano #BringBackOurGirls
*traduzione italiana del discorso pronunciato a Roma il 1 dicembre 2018 all’evento annuale della Fondazione Attua